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RESTAURO DELL’OROLOGIO DEL DUOMO DI FIRENZE DIPINTO DA PAOLO UCCELLO

21 maggio 2014 - Categoria: Restauro

COMUNICATO STAMPA
RESTAURO DELL’OROLOGIO DEL DUOMO DI FIRENZE DIPINTO DA PAOLO UCCELLO

È terminato il restauro del meccanismo del grande orologio del Duomo di Firenze, conosciuto come “Orologio di Paolo Uccello”, dal nome del grande artista rinascimentale a cui si deve la raffinata decorazione del quadrante nel 1433. Posizionato nella controfacciata del Duomo di Firenze, sopra la porta centrale, in un’intercapedine nascosta alla vista, l’orologio è uno dei pochissimi al mondo che segna il tempo con il sistema dell’Ora Italica.

L’intervento di restauro è stato affidato dall’Opera di Santa Maria del Fiore, in accordo con Officine Panerai, a due dei massimi esperti del settore, i professori Andrea Palmieri e Ugo Pancani, del Centro Studi per il Restauro di Orologi dell’I.S.I.S. Leonardo da Vinci di Firenze.
Il restauro, che riporterà in funzione il meccanismo dell’orologio, è reso possibile grazie al contributo di Officine Panerai, Maison di alta orologeria sportiva che è nata proprio a Firenze nel 1860 e ha la propria storica boutique a pochi passi dal Duomo, nel Palazzo Arcivescovile di fronte al Battistero.

L’Orologio del Duomo di Firenze è unico al mondo non solo per la straordinaria collocazione e per l’affresco del quadrante ma anche perché segna l’Ora Italica, un modo di concepire il tempo che nell’antichità era chiamato “Giuliano” (da Giulio Cesare che nel 46 a.C. promulgò il calendario elaborato da Sosigene di Alessandria). All’opposto dei quadranti moderni, l’Ora Italica – anche detto tempo “dell’Ave Maria” o “all’Italiana” – fa avanzare l’unica lancetta sul quadrante in senso antiorario, e la 24° ora non è la mezzanotte ma quella del tramonto del sole, da cui inizia il conteggio delle ore. L’orologio viene dunque regolato nell’arco dell’anno in modo che l’ultima ora del giorno sia sempre quella del tramonto.

Come riporta Giorgio Vasari (“Fece Paolo, di colorito, la sfera dell’ore sopra la porta principale dentro la Chiesa, con quattro teste ne’ canti colorite in fresco”), fu il pittore fiorentino Paolo Uccello (Paolo di Dono, 1397 – 1475), ad affrescare nel 1433 il quadrante dell’orologio, che misura quasi sette metri di diametro. Nel quadrante il grande artista rappresentò, in ordine crescente ma antiorario, le 24 ore in numeri romani. Ai lati dipinse quattro misteriose teste di uomini con aureola, che sembrano guardare verso il centro e il basso: secondo alcuni si tratta di Profeti mentre per altri dei Quattro Evangelisti.

Il meccanismo originario dell’orologio fu realizzato sempre nel 1443 dall’orologiaio fiorentino Angelo di Niccolò e del suo funzionamento non si hanno notizie certe: con ogni probabilità era costituito da un sistema di pesi e contrappesi, alcuni dei quali sono stati ritrovati in un vano del Duomo. Dopo pochi decenni dalla costruzione, il congegno ebbe bisogno di riparazioni e se ne occuparono i Della Volpaia, una famiglia di orologiai e scienziati: prima Lorenzo – il creatore del celeberrimo Orologio dei Pianeti – nel 1497 e poi il figlio Camillo, che tra il 1546 e il 1547 lo rifece quasi completamente. Nei secoli seguirono diversi interventi fino al 1688 quando l’Opera di Santa Maria del Fiore, a seguito degli studi di Galileo e Huygens, decise di sostituire il vecchio meccanismo con un nuovo dotato di pendolo. Quest’ultimo rimase in funzione fino al 1761, anno in cui l’orologiaio fiorentino Giuseppe Borgiacchi cambiò nuovamente la macchina con una nuova che è tutt’ora in funzione. In quell’occasione il quadrante di Paolo Uccello fu modificato da 24 a 12 ore e la lancetta originale fu sostituita. L’orologio fu restituito alle sue caratteristiche originali solo quaranta anni fa, grazie ad un restauro che ha portato alla luce il bellissimo quadrante e ripristinato l’antico funzionamento del meccanismo, con la lancetta che compie un giro di 24 ore a partire dal tramonto e con il movimento antiorario.

Negli ultimi anni si è reso nuovamente indispensabile un intervento di restauro che risolvesse le problematiche del meccanismo, le quali compromettevano il funzionamento dell’orologio: presenza sui vari componenti di sostanze nocive (agglomerati di ossido di ferro, sporco di deposito), deformazione, deterioramento e forte usura dei perni degli alberi, dei fori di rotazione, delle leve dell’ancora e dei pignoni. Il restauro è iniziato con lo smontaggio del meccanismo dell’orologio e con un primo intervento di tamponatura per eliminare le sostanze di alterazione. Proseguirà con la rettifica di tutti i singoli componenti e infine con l’assemblaggio del movimento e con la messa a punto dello stesso.

Della regolazione dell’orologio del Duomo di Firenze con il tramonto e della carica settimanale, si occupano da oltre venti anni due custodi dell’Opera di Santa Maria del Fiore, Lucio Bigi e Mario Mureddu, che hanno scritto anche l’unico libro esistente sull’argomento, e prima di loro il compito è stato assolto nei secoli da altri operai dell’Opera. A Firenze l’Ora dell’Ave Maria è segnalata con il suono delle campane del Campanile di Giotto, che durante l’arco della giornata scandisce il tempo sei volte, tre la mattina (alle ore 7, 11.30 e 12.00) e tre il pomeriggio, che variano durante l’anno: un’ora prima del tramonto, all’ora del tramonto (o XXIV ora in cui si recitava l’Ave Maria o i Vespri), e un’ora dopo il tramonto, detta “Or di notte”. “Il suono delle campane alla XXIV ora” – scrivono Bigi e Mureddu nel loro libro -“serviva a far rientrare le persone che lavoravano nei campi, avvertendo della chiusura delle porte della città. Mentre quello delle 11.30, detta della Misericordia, avvertiva i Fratelli della Compagnia che era l’ora della ronda di carità per i bisognosi della città”.


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